Giovani e alcol, su TikTok nasce il trend per la sobrietà
Stando a un’indagine svolta dal portale Marketplace, l’uso dell’alcol tra i giovani starebbe sensibilmente scemando. Emanuele Scafato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol, predica prudenza, affermando che siamo ancora ben lontani dalla riduzione dei consumi.
I Millennial e la Gen Z sempre più lontani dalle abitudini malsane. Lo conferma un’indagine svolta da ‘Marketplace’, secondo cui il 41% dei Millennial e il 21% della Generazione Z beve sempre meno la sera. Forse è anche per questo motivo che sui social sta letteralmente spopolando un nuovo trend tra i giovani. E, una volta tanto, si tratta di un qualcosa da guardare con ottimismo. L’hashtag #soberparty, mira infatti a sfatare un mito: ci si può divertire anche rimanendo sobri.
L’altro lato della medaglia, però, la racconta diversamente. All’indagine si contrappone infatti il parere di Emanuele Scafato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’ISS. Secondo il Professore, i dati del portale non restituirebbero un’istantanea accurata circa il consumo di alcol tra i più giovani.
Il trend #soberparty che spopola sui social
Circolano già diversi video sulla pratica della recovering party girl. Per esempio la creator Jules Rangi – in un video postato su TikTok – racconta delle serata trascorse in discoteca, dove puntualmente si ubriacava, per poi pentirsene il giorno dopo. La giovane si è lasciata tutto alle spalle, anche grazie alla frequentazione di ”luoghi festosi senza alcol in corpo”. I video riportanti l’hashtag #soberparty, che riprendono alcune ragazze sobrie ballare in discoteca, hanno già milioni di visualizzazioni. Così come i consigli sui cosiddetti mocktail, vale a dire i cocktail analcolici. Un trend che sembra in crescita, e che testimonierebbe l’esistenza di una certa riluttanza verso le bevande alcoliche tra i giovanissimi.
Scafato (Osservatorio Nazionale Alcol): “Non si può generalizzare. Il trend della riduzione di consumo è ancora lento”
Ma le cose stanno davvero così? Stando alle parole del professor Emanuele Scafato, Direttore Osservatorio Nazionale Alcol, Istituto Superiore Sanità, riportate dal ‘Il Fatto Quotidiano’, c’è ancora molta strada da fare sul consumo di alcol tra i giovani. Infatti, il direttore spiega: ”Le indagini di mercato fotografano una situazione istantanea che è ovviamente diversa da quella delineata da un sistema di monitoraggio formale che esamina e controlla attraverso diverse variabili le tendenze rilevate dalle indagini su popolazione. La generazione Z ha età molto differenti comprendendo individui di 11-25 anni che presentano rischi e tendenze profondamente diversi che non sono assimilabili in un’unica categoria quando parliamo di alcol”.
Perché un conto è un’indagine di mercato, altra cosa è il monitoraggio epidemiologico. L’Istituto diretto da Emanuele Scafato registra infatti 1 milione e 370mila individui a rischio nella fascia 11-25 anni, di cui 620mila minorenni. Di questa grande platea, in 786 mila sono i binge drinkers che bevono esclusivamente per ubriacarsi (di cui 83mila minori): ”Per la generazione Z il Covid ha generato risultati contrastanti, i moderati hanno ridotto ulteriormente in media i consumi mentre chi era già un consumatore a rischio li ha incrementati. Insomma, un conto è l’indagine di mercato e ben altro il monitoraggio epidemiologico” spiega il professore.
Pur ammettendo che qualcosa stia cambiando a livello percettivo nelle giovani generazioni circa il consumo di alcol, il direttore dell’osservatorio si dice cauto: ”Non si può generalizzare ed è un trend estremamente lento quello che porta a una riduzione dei consumi tra i giovani per i quali tutte le strategie europee e la stessa risoluzione del Parlamento europeo per la lotta al cancro sollecita una strategia “zero alcol”, essendo dimostrato l’impatto massimo dannoso sul cervello fino ai 25 anni. La nuova sensibilità da creare dovrebbe puntare sul valore della sobrietà e sulla svalorizzazione dell’uso di qualunque bevanda alcolica e non a caso l’industria ha prodotto le Nolos (No alcohol, low alcohol beverages) che stanno guadagnando sempre più ampie fette di mercato con birre zero e vini dealcolati”. Il vero intervento da mettere in atto secondo Scafato è una massiccia opera di sensibilizzazione. Perché il fattore predominante nel consumo di alcol ”è la cultura del bere indotta dall’industria e dalle pubblicità”.